martedì 27 settembre 2011

Io so cos'è l'amore -Capitolo 3- Giada


Giada sarà una sposa domani.
E’ una creatura delicata. Silenziosa.
Giada è affascinante, intelligente, qualche volta polemica.

Giada ama con tutta la profondità del suo essere.
Ma cosa significa amare davvero?
Possedere qualcuno, come si possiede un oggetto su cui rivendicare un’esclusiva?

Giada è leggera.
Il tempo incede, lentamente e immensamente.
Il tempo farà di lei una moglie.

Amare significa appartenere? Si? Al tuo sposo? A un Dio in cui credere?
Giada ama con l’anima.
La sua mente, il suo corpo amano, ma in modo diverso.

Il suo abito da sposa è meraviglioso. La rende una principessa.
Domani Giada attraverserà un piccolo ponticello che la innalzerà verso l’infinito.
Innanzi all’altare giurerà amore eterno. Per sempre. Perché “per sempre” esiste.

Cosa significa essere fedeli? Ha a che vedere con la fede?
Dove sta la fedeltà?
Nel corpo? Nella mente? Nel cuore? Forse è integrità totale, sintesi di tali elementi?

La chiesa è piccola. Romantica.
Vicina all’acqua.
Sarà tutto così perfetto.

Giada ama Jacques. E’ certa di questo.
Non ne dubita, nemmeno per un istante.
Così come non dubita che il sole sorgerà ogni giorno, per tutta la sua esistenza.

Lei lo ama. Sente la sua anima che vibra. Eppure è successo.
Il suo corpo, la sua mente sono stati risucchiati da un vortice di passione inaspettata.
Quello che è accaduto è giusto.

Sarà un ricevimento bellissimo. Residenza di re e regine, un luogo magico, speciale.
Tutti saranno felici.
Loro saranno felici.

Jacques l’avrà mai tradita?
La mente e il corpo di colui che sarà il suo futuro sposo saranno stati rapiti dalla passione?
E lei? Il suo corpo, la sua mente, non sono appartenuti più solo a lui…

Questi pensieri ora non hanno più spazio nella mente di Giada.
Gli invitati festosamente inneggiano agli sposi.
Mano nella mano, con suo marito percorrono il piccolo tratto che li separa dall’uscita della Chiesa.

Una pioggia di riso e coriandoli li ricopre.
Due splendide colombe bianche leggiadre si librano nell’aria.
Lei chiude gli occhi. Lui la bacia, con intensità.

E poi.. tutto sembra un sogno surreale.
I suoi occhi si schiudono. E Giada osserva un volto che conosce.
Là sul ponte la creatura che ha sconvolto il suo corpo e la sua mente.

Un ponte. Una chiesa.
Tre destini che s’incrociano.
Chiara. Jacques. Giada.

Tutti e tre chiudono gli occhi nello stesso istante.
Nello stesso luogo. Ma ciascuno di essi, nel riaprirli vede un mondo differente.
E Giada scorge sul quel ponte, ancora una volta, inaspettatamente il suo universo di passione.


Raffaele Ranieri - tutti i diritti riservati-



lunedì 19 settembre 2011

Io so cos'è l'amore - Capitolo 2- Jacques






Jacques si sposa domani.
Un giorno meraviglioso. Indimenticabile.
Due anime consolidano la propria unione d’amore innanzi a Dio.
Si giurano amore eterno.

Jacques assapora la sua ultima colazione senza fede al dito.
Distrattamente sorseggia il suo cappuccino.
Poi vede lei.
Il suo sguardo percorre la linea delle sue bellissime gambe e risale fino ai suoi occhi turchesi.
Si scrutano con intensità.
Lei è visibilmente colpita.
“Caro vecchio mio, non ti resiste nessuna” pensa.

Jacques la desidera.
Chiude gli occhi. S’inebria dell’odore della sua pelle, ne assapora il suo profumo.
Immagina i loro corpi che vibrano insieme.

No. Non questa volta. Questa volta andrà diversamente.
Esce.

La sua mattinata scivola distratta.
E così il pomeriggio.
Ogni cosa è priva di senso oggi.
Jacques la vuole. Con tutto se stesso.
Al punto da dimenticarsi del mondo. E che domani sarà uno sposo.

Poi il Fato decide di aiutarlo.

Jacques la intravede nella sala riunioni. Lei parla convulsamente con Andrea.
Andrea è un suo caro amico, e il capo di lei, Chiara.

Jacques vola tra le strade di Milano, ha deciso di aspettarla innanzi al portone di casa sua.
Dieci minuti.
Venti minuti.
Mezz’ora.
Un’ora.

Lui sa che tornerà. Si abbandona a questa follia, così inesorabilmente lenta.
Tempo e spazio hanno perso ogni consistenza sensibile.

Jacques non è più Jacques.
Jacques è un principe in attesa della sua amata.
Quale dolce tormento!

Finalmente Chiara arriva.
Scende dall’auto. E’assente. Come se la sua anima fosse di e in un altro mondo.
Un mondo che Jacques conosce. Il mondo in cui Jacques ora si trova.
Il loro infinito mondo d’amore.

Chiara alza i suoi occhi.
Si guardano nuovamente, per la seconda volta in questa esistenza.
Si parlano, brevemente.

E poi danzano. Si, lì. In mezzo alla strada. In una giungla di cemento divenuta reggia.

Jacques respira Chiara. Ne è profondamente innamorato.
Jacques è nel suo sogno d’infinito amore.

Fanno l’amore. Con intensità. I suoi baci sono dolci come l’ambrosia, così inebrianti.
 I due corpi senza consistenza si muovono nello spazio e poi ogni dualità cessa.

I due amanti ora sono uno. Non c’è più Chiara, né Jacques.
C’è solo infinito amore.
Quello che lui le ha promesso.
Per sempre. Perché “per sempre esiste”.

Ma poi Jacques deve tornare.
Il principe abbandona il suo mondo di sogni e felicità.

Osserva la sua Rosaspina ancora tra le braccia di Morfeo.
E’ meravigliosa.
Jacques lascia accanto a lei un biglietto intriso del suo amore.
Col cuore colmo di dolore le dice addio.

tempus fugit….

Jacques esce trionfante dalla chiesa in cui solo pochi istanti prima ha giurato a Giada di amarla e rispettarla, finché morte non li separi.
I due sposi sono accolti da grida festose e dal consueto e immancabile lancio di riso.

Jacques è ora un marito. Jacques è un uomo che ha sognato di essere se stesso, in una lunga e interminabile notte di amore vero.

Jacques bacia Giada. Gli occhi di sua moglie sono ricolmi di amore e dedizione.
Jacques poi si sente scosso. Una sensazione inconsueta, ma non nuova.
Il suo corpo vibra. Pare senza consistenza.

E Jacques allora capisce. Per quanto folle e impossibile lascia che il suo cuore lo guidi nello spazio etereo.

I suoi occhi lanciano un impulso che corre impetuosamente verso il ponte vicino, catturano un’immagine e la imprimono nella sua mente.
Chiara.
I suoi occhi turchesi.
Ricolmi di lacrime.

Jacques abbassa lo sguardo. Poi i suoi occhi lanciano nuovamente un impulso.
Ma Chiara ora non c’è più.

Jacques ora è vuoto. Lo percepisce così chiaramente. Senza cuore. Senza anima. Senza amore.

Ma ora non ha più importanza. Perché Jacques è un uomo sposato.


Raffaele Ranieri – tutti i diritti riservati-

giovedì 15 settembre 2011

Io so cos'è l'amore - Capitolo 1 - Chiara




       Chiara ha tutto. E’ bella. Ha una laurea a pieni voti nella migliore facoltà di economia del paese. Si occupa di pubblicità con grande successo e, nonostante la sua giovane età, ha una remunerazione di livello e viaggia per le trafficate strade del centro cittadino con una decapottabile che anche i suoi amici maschi invidiano.

       Trascorre le sue serate in pienezza: quando non modella il suo corpo in palestra, o acquieta il suo spirito attraverso  complicatissime posizioni di yoga, il suo tempo scorre tra aperitivi e cene nei migliori locali, dove non mancano sfrontati corteggiatori che sognano un’esistenza, o forse una fugace notte, insieme a lei.

       Chiara è anche una ragazza molto attenta alle ultime tendenze mondane, per questa ragione frequenta un corso di degustazione del vino (sebbene astemia), e ha deciso di dedicare maggiore tempo alla lettura e all’informazione.

       Insomma, Chiara ha tutto. Quasi tutto. Le manca un fidanzato. E’ priva dell’amore.
A dire il vero, un fidanzato ce l’aveva. Bello, innamorato e intelligente. Oddio qualche difetto doveva averlo anche lui, nessuno è perfetto del resto.
Ma Chiara poi si è stufata. Si annoiava. Lo ha lasciato.

Chiara adesso è seduta al tavolino di un bar. Gusta la sua colazione, come ogni giorno. Spremuta d’arancia, cornetto, latte macchiato. Legge distrattamente un quotidiano (rammentiamo il suo impegno).

Poi Chiara si accorge di una presenza. Uno sguardo corre lungo le sue ballerine, percorre la linea perfetta delle sue gambe, risale il vestitino color panna che indossa sino ad indugiare sui suoi bellissimi occhi turchesi.

       Chiara, per la prima volta, da tempo, non distoglie lo sguardo.
Lui è bellissimo. Il suo corpo così possente e delineato, i tratti del volto regolari e virili, occhi grandi e penetranti, marroni, ma con screziature di verde, i capelli leggermente ondulati che ricadono all’altezza delle orecchie, lisci e luminosi come la migliore delle sete.

       Il suo cuore batte con violenza, sente i suoi occhi che la penetrano, nelle viscere, nella mente e nel cuore, si sente così nuda, così inerme.
Poi un improvviso calore pervade il suo corpo. Chiara desidera quell’uomo. Un uomo che non conosce. Un uomo che la osserva da pochi istanti. Abbassa lo sguardo. Chiude gli occhi. Cerca di combattere contro la natura, di dominarsi. Ma non è più necessario. Lui non c’è più.

Si sente una stupida. E se avesse perso l’uomo della sua vita? Il vero amore?
Aveva forse mai provato sensazioni così incredibili?

       E’ evidente che non aveva più senso inseguire quelle sensazioni. Lui era andato.
E poi quella sensazione di profonda solitudine. L’amore.
Senza amore la vita non ha significato.

       E Chiara sa bene cosa è l’amore. Si. Lei lo sa riconoscere.
Per questo ha lasciato il suo ultimo fidanzato. E il penultimo. E gli altri due.
Perché non era vero amore.
E’ forse colpa sua se non incontra quello giusto? Lei certo non può fingere. E’ una persona onesta.

La giornata trascorre lenta. Il mondo ha un suono ovattato. Chiara non lavora. Chiara pensa. Sogna l’uomo dagli occhi verdi. Si lascia accarezzare, sfiorare, amare.

La lezione di yoga diviene una meditazione sull’amore, l’aperitivo trascorso tra conversazioni di nuove città europee dove gustare la mondanità, barche e posti di lusso, un insostenibile tormento.

       Chiara scappa, corre con il suo bolide. Tra le vie di una città che non è sua, in un mondo che la lacera, e lei corre. Corre perché non vuole ascoltarsi.
Ma insomma Cenerentola, Biancaneve e Rosaspina non saranno solo favole? No. Lei non ci crede. Non vuole smettere di sognare…

      Chiara è ormai giunta davanti al portone di casa sua. E alza lo sguardo.

       Lui è lì. E sorride.
Jacques è un’artista. Un cavaliere ramingo. Un bellissimo principe. Viaggia e scrive.
Qualche volta lavora come copywriter per qualche agenzia. Questa volta la stessa di Chiara.
Jacques è amico del capo di Chiara.

       Ora è lì. Non parla più. Le prende la mano, con leggerezza, proprio come un principe.
Jacques delicatamente introduce degli auricolari all’interno delle piccole e regolari orecchie di Chiara.
“Deux Arabesques” di Debussy comincia a risuonare nella sua anima.
E loro danzano. Lì. In una strada di una giungla di cemento. Ora divenuta reggia.
Chiara lo ama. Con tutta se stessa. Finalmente ha trovato l’amore. Lo avverte senza incertezza.

       Jacques e Chiara fanno l’amore tutta la notte. Lui poi la avvolge in un abbraccio eterno di felicità. Le sussurra una promessa di un’esistenza insieme. Per sempre.
Proprio come nelle fiabe.
I principi esistono…

       Chiara si sveglia. La luce già alta del giorno delicatamente s’insinua tra le persiane.
Jacques non è lì. Al suo posto una rosa bianca. Un bigliettino intriso del suo profumo, inciso da una calligrafia perfetta che reca una scritta: “Grazie Amor mio”.

Chiara respira a pieni polmoni l’amore. E’ così felice. Al contempo triste. Dov’è il suo amore? Avverte già la sua mancanza. Come chiamarlo? Chiara non ha il suo numero.

Che importa. Tornerà presto. Perché questo è l’amore. E lei sa che il suo Jacques sta pensando a lei, anche in questo momento, e presto tornerà…

La colazione di oggi è speciale, ha il sapore dell’amore.

Chiara passeggia, vaga per quella città che è divenuta un regno di rara bellezza.

Si avvicina a una chiesetta. Gli sposi escono accolti da grida e canti di gioia. Chiude gli occhi. Ascolta la melodia della felicità.
La distingue perfettamente. Perché Chiara sa riconoscere l’amore. Anche lei presto leggera volerà nel cielo indossando un meraviglioso abito da sposa e scarpette di cristallo, come Cenerentola.
Sarà felice. Per sempre. Perché “per sempre” esiste…

Lo sposo bacia la sposa. E poi si volta.
Guarda verso il ponticello su cui Chiara è appoggiata.
Finalmente Chiara apre i suoi occhi.

Si osservano. Per un lungo, interminabile istante.

Lui ha bellissimi occhi grandi e penetranti, marroni. 

Se Chiara fosse più vicino adesso, potrebbe accorgersi che quegl’occhi così speciali non sono completamente marroni, ma presentano meravigliose screziature verdi.

Ma, forse, lei non ha bisogno di avvicinarsi oltre.
Perché Chiara sa perfettamente cos’è l’amore.

Raffaele Ranieri – tutti i diritti riservati-

martedì 13 settembre 2011

La marionetta magica


E’ indiscutibile. Qualunque essere umano che abbia il dono di trascendere, lo può percepire.
Praga ha qualcosa. Lo senti. E’nell’aria. Lo avverti. Una sensazione alla bocca dello stomaco.
La mente si espande, assume la forma di ogni vicolo, di ogni singola pietra che compone la molteplicità di edifici che la rendono così meravigliosamente bella.

La piazza Venceslao da quassù è ancora più magica. Ho il privilegio di assaporarla dalla suite di uno degli alberghi più vecchi della città, considerato patrimonio dell’Unesco.
E’ quasi come possedere dei poteri sovrannaturali. Vedere. Ogni cosa. Da questa invidiabile posizione. Una visione del tutto. Comprendere che tutto è uno, e uno è tutto.
E’stare tra gli dei, per qualche fugace ed irrepetibile istante.

Ben presto non ho alcuna difficoltà a rammentare che sono solo un essere umano, come voi tutti.
Felicemente, un semplice essere umano che si mescola tra la folla che affluisce nella piazza.
Ed eccomi lì in mezzo, per poi indugiare sulle principali arterie, traboccanti di negozi che offrono il meglio delle cianfrusaglie per turisti. Mi perdo. Finalmente.
Che sensazione. Insolita. Mi sono perso molte volte, e tante altre mi perderò nella mia vita.
Questa volta è diverso però. Come lo è stato altre volte, ultimamente.
Mi perdo perché esiste sempre una ragione precisa. Un po’ alla volta mi perdo.
Perché io possa ritrovarmi progressivamente, perché forse, avrei timore di comprendere ciò che davvero sono…

Il negozio è lì. Sotto una volta stretta, in un vicolo che lo è ancor di più. E lì c’è una piccola porta in legno e vetro. Quasi invisibile. Visibile a chi desidera vederla. Ma e’ sempre così no?
Vediamo solo quando lo desideriamo davvero, ardentemente, con passione e dedizione.

La porta cigola. In qualche modo deve pur avvertire il suo padrone che un viandante si è introdotto lì.
La stanza è minuscola. Uno spazio ancor più compresso perché cosparso di ogni genere di oggetto. Lampade, vecchie chiavi, scarpe, vecchie radio, orologi, gioielli di scarso valore, una vecchia fisarmonica, soldatini, bicchieri, e tutto quello che si può immaginare o non immaginare di trovare in una stanzetta così piccola.
“Roba da quattro soldi” penso, mentre finalmente mi accorgo della presenza di un signore. Alto, i capelli biondi lisci a caschetto, vestito con pantaloni di fustagno marroni, un maglione beige. E’ intento a leggere. Non solleva nemmeno lo sguardo quando lo saluto in inglese. E’ bizzarro. Non avevo nemmeno percepito la sua presenza, quasi non ci fosse stato fino ad un momento prima, quasi fosse apparso solo quando io avessi deciso che poteva farlo…
Ma che pensieri, forse è il caso che io me ne vada. Sono capitato in un posto del tutto inutile.

Ma poi eccola lì. Su una parete. E’ bellissima. E’ la marionetta di un mago. Così ben realizzata da sembrare viva. La lunga barba bianca, una tunica nera e il tipico cappello. In mano regge un libro di incantesimi, almeno pare, perché è identica del resto a quella che avevo visto in un negozio nei pressi del castello.
I nostri sguardi si incrociano, e poi, il libro. No. Non è lo stesso dell’altra. Questo libro riporta un’altra intestazione, “Liber Mutus”. Un brivido mi percorre la schiena. Ma poi immediatamente sono colto da una grande ilarità, ridendo di me stesso. E quindi? Non possono esserci due modelli diversi? E poi, considerato che è la marionetta di un mago, che siamo a Praga, una città alchemica, mi pare il minimo che sia possibile realizzare un pupo di questo tipo. Che sciocco.

Però è davvero bella. La voglio comprare.
“How does it cost?”chiedo al mio disinteressato amico. “900” risponde.
Divertente. Ha una marionetta usata, identica a quella che vendono nuova da altre parti, e la vende a 70 corone in più. “It’s expensive, i saw it in another shop, it was new, and it was cheaper”.
Il mio amico non si scompone, non solleva nemmeno la testa, sembra quasi annoiato dalla nostra conversazione: “This is different, it’s magic”.
Fantastico. Davvero straordinario. Grande venditore. “Really? Is it magic? Why is it magic?”
“Buy it. And you will see.” Incredibile davvero. Non posso crederci.
“Thank you sir, bye”.
“Good bye.”

Il giorno dopo sono tornato. Spinto da un desiderio arcano, colto da una strana brama, ho sospinto il mio corpo, ancora volta, attraverso i vicoli ombrosi già forse calcati secoli prima.
 La marionetta mi piaceva, volevo comunque acquistarla, e se fossi stato la vittima di uno sciocco trucchetto per raggirare i turisti, lo avrei accettato.
Immerso in questi pensieri non mi ero nemmeno accorto di essere arrivato a destinazione.
Il vicoletto. La volta.
Ma ora, lì dove ieri scorsi una porta di legno e vetri, ora c’era solo il muro.

© Raffaele Ranieri

lunedì 12 settembre 2011

Il ristorante da sogno



Due microcosmi. Yin e Yang. Il bene ed il Male. Non chiedete. Non domandate. Non so dire, in quale dei due ora io sia.

Qualcuno nell’etere virtuale percuote un pianoforte, ne trae musica jazz, che si riversa, picchiettando, sul mio capo.
Innanzi a me, adagiate su sedie in ebano, due donne, belle, affascinanti.
Vedo l’altro mondo. Uno dei due, quello che è altro da me.
Due tende drappeggiate separano i due mondi, io sul sipario dove si dipana la mia esistenza.

Vedo l’altro mondo. Cosmico movimento scandito da uomini d’affari.
Epicentro costituito da una botte che in grembo porta una moltitudine di tappi di sughero.
Troneggia un’antica e vermiglia macchina per affettare succulente cosce di ciò che una volta è stata vita pulsante.

Ma ora il mio mondo. Quello che è in me. Sono intimamente parte di esso. Confinato in questa isola balzana. Perché solo loro possono unire i due mondi. Solo il cameriere traghettatore di cibo e di anime può varcare la soglia di entrambi i mondi. Unica via di fuga in questa prigione di apparenze.

E poi giunge infine. Trambusto di pensieri ingombranti fagocitato dalle portate.
Magiche pietanze assumono forme sensibili: ravioli caserecci con ripieno di ricotta e borragine con brunoise di pomodori. Le altre restano a voi ignote. Rapito dalla voluttà delle mie viscere mi dissolvo. Ma tornerò.

Tempus fugit…

 Eccomi. quieora. Nuovamente incantato dalla musica. Estasi momentanea. Dono di una delicatezza di ravioli, isole di piacere consumate avidamente dalla mia bocca. Trascinato e confuso. Musica romantica, soave, poi incalzante. Mi abbandono al suo oblio ipnotico.
E poi il purè. Inebriante purè di mele donatomi da una delle mie ancelle.
E poi il mio sguardo che fugge. O sono io a fuggire? Perso nella contemplazione di un cuscino finemente lavorato? Intarsiato un albero si sviluppa da un ignoto epicentro e mi inebria di logos.

Meraviglioso mondo, microcosmo di sogni perduti. Vaga la mente tra i suoi abitanti. Abitanti di questo luogo di mattonelle e legno, vezzeggiato da stelle di luce fioca che pendono dal nulla, caravelle che ondeggiano nell’oscurità dell’oceano.

 E poi vedo lui. Nell’altro mondo. Si, lui. Il demiurgo. Legge con attenzione il libro delle opere, quasi divinità epicurea, ignara o indifferente al rumore di vino e di voci della sua creazione.
Lui è lì, figura plastica e surreale.
Ma, in fondo, questo. E’ solo un sogno.

   Come? Come comprendere?

Tiramisù. Prova definitiva di verità.
Maestoso ed impetuoso come acqua che irrompe da una diga, inebria le membra di questo spirito che invoca con fioca forze e tenue luce il traghettatore Caronte.
Si qui. Ecco le mie due monete d’argento.

Caronte apre la sua mano, e la mia visa si adagia sul suo palmo.
Giunto alla sua conclusione, viaggio onirico di una sera mai iniziata.
Presto sarò nuovamente sul Naviglio.


 © Raffaele Ranieri