Io l’ho capito
perché amo l’oceano, e ho capito anche perché lui si mi è preso il mio silenzio
e mi ha donato la sua saggezza, che non è fatta di pensieri e di parole, ma di
suoni e di musica.
E poi Pandora.
Anche lei si è presa il mio silenzio, te lo ricordi, vero? E mi ha regalato la
musica, mi ha dato l’amore. La musica dei suoi miagolii, il suo amore che non è
un pensiero pensato, ma è fatto di suoni e di azioni.
Gli occhi
dell’oceano e quelli di Pandora mi ricordano i tuoi, anche se il colore non è
proprio lo stesso, perché quel colore lo avevi solo tu. Quel colore che forse
ora vedono in paradiso, si perché se il paradiso esiste tu ora sei lì, e un
colore così non ce l’avevano prima in paradiso, io ne sono certo.
Era il tuo colore,
e poi è diventato anche il mio, il nostro.
Quando ti ho
guardato per la prima volta mi sono sentito come si legge sui quei libri di
meditazione orientale, quando ti spiegano quegli stati mentali o dell’anima in
cui si cade in una sorta di contemplazione mistica, e allora poi tu ti convinci
che magari è anche vero, e l’immaginazione e la fantasia fanno il resto. Tutto
questo accade dopo anni e anni, se sarai abbastanza ligio e bravo e non so che
altro. A me è successo in un attimo. Ti ricordi vero? Io ti ho guardato, e tu
eri lì, davanti a me, vera, mi guardavi come se il tempo non esistesse, ed io
avrei voluto che quell’attimo non finisse più, perché se un uomo può davvero
diventare infinito un giorno, io penso che si debba sentire come mi sentivo io.
Sai che oggi è
uscito il mio libro? E’ stato acclamato dalla critica, “per la prosa
sofisticata ma al contempo semplice e intellegibile a tutti, e la profondità
dei concetti espressi in una storia che toglie il fiato”. Alla fine James mi ha
convinto a pubblicarlo, “è il prezzo che devi pagare per vivere nella tua casa
sull’oceano, per il tuo cavallo e per la tua solitudine dal mondo”.
Non ha capito che
io non solo, perché c’è Pandora, e poi Asufel e il mare. E io li amo tutti,
dico sul serio. Non sono solo. Ho imparato ad ascoltare la terra, la madre
terra intendo, le sue creature, e sto imparando a essere un uomo della terra,
senza illusioni, senza dei, ma con un cuore di carne che batte, e che un giorno
dovrò restituire.
Eppure mi sento
come in quella canzone degli Aerosmith che più o meno dice “there’s an hole, in
my soul that kills me forever..”.
James pensa che
sbaglio, che devo guardare il futuro, che è arrivato il momento che io mi
diverta un po’, che ci sono tante sue amiche molto disponibili a condividere il
letto di un giovane e piacente scrittore.
Perché no? In fin
dei conti siamo fatti di carne e ossa, e abbiamo pulsioni sessuali, e le
vogliamo soddisfare, perché l’uomo è fatto per provare piacere, per stare bene,
perché la vita sarà pure sofferenza come diceva Buddha e qualcun altro, ma io
preferisco allora Epicuro, o Nietzsche, quando sostenevano che l’uomo è fatto
per essere felice e per godere dei frutti della terra, non per torturarsi con
pratiche masochistiche o negare la sua natura più profonda perché qualcuno con
la barba lunga e un turbante gli ha detto che così acquisirà chissà cosa e
chissà quando. Il paradiso se esiste è qui e sulla terra, in questo momento,
così come l’inferno, è tutto qui, noi siamo qui, e se ci perdiamo, va a finire
come diceva quel famoso cantante che la vita è qualcosa che passa mentre noi
siamo impegnati a fare altri piani.
Eppure io sto
andando avanti, e guardo il futuro. Anzi, guardo l’oceano, perché anche il
futuro è un’invenzione, una finzione, invece il mare è lì davanti a me, tutti i
giorni. E col mare ci parliamo, lui m’insegna moltissime cose, cose pensavo non
esistessero, perché mi ero convinto che ne esistessero altre, e non vedevo
quelle vere.
Sai, nel mare ci
sono i pesci. E sono bellissimi. Anche loro si sono presi il mio silenzio, e mi
regalano la loro musica, e i loro colori, la loro saggezza.
Che m’importa delle
avvenenti amiche di James? Io vado avanti, e sto bene, anche se ho una ferita
nell’anima, e come per tutte le ferite ci vuole tempo, no?
Ho voglia di fare
l’amore. Con impeto, in modo licenzioso, senza freni, dolcemente, con passione.
Dentro di me ardo
di desiderio. Qualche volta mi è capitato, qualche mese fa, di cedere alle
attenzioni di qualche fanciulla. E’ stato così vuoto, eppure lo sapevo dentro
di me, che sarebbe stato vuoto, ma l’ho fatto lo stesso.
Ora non voglio più.
Perché io voglio volare, e noi abbiamo volato, così in alto da non vedere più
la terra, e nemmeno le nuvole, per perderci nello spazio, oltre le stelle.
Parole? Si, un
pallido riflesso di ciò che è stato veramente, di una vita, la mia vita, che tu
hai reso vera, autentica.
Voglio continuare a
essere quello che sono, e continuare a essere un uomo nella terra e della
terra, senza rinnegare la mia natura, i miei istinti, e la ricerca della
felicità.
Ho imparato con te
che nell’unicità dell’amore, di quello vero, di quello che si sente sulla
pelle, che fa bene e che a volte ti uccide, si può andare oltre il tempo e lo
spazio, ma che questo richiede una grande consapevolezza, il desiderio di
volerlo davvero, di voler mettere la testa dentro l’anima dell’altro, di
guardare e di vedere dove nessuno era mai stato prima. Il prezzo è altissimo,
ma la ricompensa oltre ogni aspettativa.
Io ci credo, perché
a noi è successo, è stato vero, reale, come il pianto di un bambino che strilla
perché vuole il latte o un pugno o una risata fragorosa o la rabbia o il dolore
che proviamo, perché questo siamo noi, creature della terra, esseri emozionali.
E adesso io la
felicità di classe B non la voglio più, e se per caso ora qualcuno mi venisse a
dire che quello che noi abbiamo vissuto, che mi ha portato a dedicarmi anima e
corpo a te, è stato possibile solo con te e mai sarà più possibile, bè, io mi
fermo qui allora, scendo dal treno.
Ti ricordi l’asino
di peluche che ti ho regalato e che adoravi tanto? Spesso lo porto con me, quando
viaggio.
E qualche volta,
come ora, anche lui come me ascolta la voce dell’oceano.
-Raffaele Ranieri- tutti i diritti riservati