domenica 7 ottobre 2012

ANDANTE in ¾




Una NUVOLA volteggia nell’Oceano
il vento la sospinge

Moto immobile
Della dimenticanza

Era l’inizio che non andava dimenticato
Così perdemmo la sorgente

ALEPH
E poi sette pianeti divengono uno
Perché il segreto è nel tempo

Qui nell’illusione che tu sarai ora
Mentre il cielo si nutre d’assenzio
Amaro il sapore della Luna

Nel vuoto dell’amore ho finalmente dimenticato chi sono

Raffaele RANIERI –tutti i diritti riservati-

martedì 25 settembre 2012

IL SOGNO DI LEYLAN (Regina della fate)




Musica, ad infinitum: Yann Tiersen, Le Vaise d’Amelie


Il principe.
Io..posso sentirlo.
Prigioniero di un nuovo sogno.
L’illusione di un amore. Pallidi riflessi.

Principe, mio signore, chi sei tu davvero? e…..

COSA è DAVVERO: L’AMORE

????????????

 

Sono Leylan, Regina delle fate.

Creatura che da equilibrio a questo mondo, condannata all’oblio, donata alla solitudine.

Condannata a non poter amare. Non mi è concesso conoscere l’amore.

Principe, principe prigioniero, che insegui illusioni perfette, colei che ti ama è qua.

PRINCIPE, PUOI SENTIRMIIIIIIII?????

No. Tu non puoi.
Perché davvero non lo desideri.
Dunque io sono destinata a essere una fiaba.

Questa

è una

fairy tale?


Ditemi, voi che ora mi ascoltate, sono io reale? O sono un sogno, il sogno di qualcuno?

Io, per voi…. Esisto??
Io lo avverto. Almeno per la maggioranza di voi.

 

..IO SONO SOLO…

UN’ILLUSIONE


E voi lo date per certo davvero. Ma cosa, cosa vi da questa granitica, lapidaria certezza?

COSA è DAVVERO Reale?

E se adesso ti toccassi, sfiorassi delicatamente il tuo viso? Se mi manifestassi a te? Cosa penseresti? FOLLIA? Allucinazioni? Suggestione? Via dimmi, cosa è…..

REALE

?
Principe amore mio,
non temere questa magia
questo sogno è solo alchimia.

Principe amore mio,
risveglia il tuo cuore,
che questa tragedia riveli il tuo amore.

Ma dove mi trovo dunque? E tu? Tu che mi scruti incredulo dal tuo mondo di immutabili certezze e indicibili atrocità, chi sei?
Perché ciò che da Leylan è pensato diviene inchiostro?

TU.

Chi
SEI
?????????????????????????

Ebbene. Non rispondere se lo desideri.
Non razional risposta è necessaria. Quante, quante cose non comprendi in verità straniero?

Rinuncia alla comprensione

In essa non vi è rivelazione

Dunque rispondimi. Trasforma tutto questo. Tu sei parte di esso.

SALVA

Salva il mio principe.

MUTA

Cambia il mio destino.

DONA


Concedi a questa principessa il dono dell’amore.

Rammenta straniero:

TUTTO

DIPENDE
Da
TE

Credi nel sogno, nella magia e nell’alchimia

Questa è una fiaba non solo follia.

In questo universo fatato di sogni e illusioni, se lo desideri, troverai la verità, e a Leylan sarà concesso di amare,

PER SEMPRE


-E’ GIUNTO IL TEMPO DI SVEGLIARSI-


Capitolo tratto da "Il principe prigioniero"  © Raffaele Ranieri, foto di Riccardo Ranieri

domenica 23 settembre 2012

Il principe costruisce un sogno...



Ieri sera ero con me. Respiravo la notte. Le fate mi danzavano intorno. 

I folletti rumoreggiavano-. Ognuno nella sua lingua.
Nessuno voleva che io dormissi. Volevano che sognassi.

Allora l’ho fatto. Ma da principe prigioniero.

Sono apparso.

Il posto era insignificante.  Un paese. Strade illuminate da timidi lampioni, poi avvolte dalle tenebre.

l silenzioso era meraviglioso però. E anche lei era meravigliosa.

Con i suoi occhi color della notte  e labbra petali delicati. I suoi capelli risplendevano nell’oscurità  ed erano luce.
Il suo odore permeava il silenzio, e la strada che percorrevamo scivolava sopra di noi.

Eravamo incerti nello scrutarci, nell’abbandonarci l’uno all’altra. Tra di noi un muro invisibile, di paure e di timori, paura che tutto potesse essere reale, che quello non fosse solo un sogno.

Le nostre parole si infrangevano invano contro l’invalicabile, ma le nostre anime si parlavano, senza che noi ce ne accorgessimo.

Eravamo oltre l’infinito, senza saperlo. I nostri corpi, le nostre menti tuttavia ci impedivano di essere lì, oltre.

E la nostra notte giungeva al termine, intensa, indimenticabile, tuttavia ancora priva di magia.

Ma poi tu mi hai baciato. E noi finalmente abbiamo fatto l’amore. I nostri corpi hanno perso consistenza.

Noi non c’eravamo più. Nulla aveva più senso.

La principessa e il principe avevano colto finalmente il segreto, con coraggio hanno volato nell’oceano dell’anima.

Ma solo per un istante. Per una notte.
E così sono tornato.
Dove?
In fondo lo sapete tutti

giovedì 20 settembre 2012

La città dei blocchi



Washington è una città fatta di blocchi. Non è la sola. Non è questo il punto.
Il punto è che quando sei italiano non pensi in blocchi tutto qua.
E quando ti dicono che un posto, ad esempio, dista 10 blocchi, tu allora pensi: “Bè, che vuoi che sia, è vicino”.
Ma non è proprio così. Un blocco è un blocco. Insomma, 10 blocchi, ad esempio, sono una bella camminata.

Ieri sera era tardi, sono uscito dallo studio affaticato, solo.

Ho camminato verso la fermata del pullman, perdendolo. Il prossimo era dopo un sacco di tempo. Casa mia dopo un sacco di blocchi. 30 blocchi. Un bel camminare per chi conosce i blocchi.

Prima vi ho detto che 10 blocchi sono molti, 30 del tutto insostenibili o a mala pena sostenibili, qui direbbero  “barely”.

La situazione era ottimale: portafoglio a casa, pullman perso, senza la minima idea di quando sarebbe passato il prossimo.

Ho cominciato a camminare verso casa, del resto i blocchi altrimenti sarebbero sempre rimasti 30. Invece così potevo contare: 29, 28, 27, ma, ovviamente, con un ritmo più prossimo alla velocità di un uomo stanco.

La strada sotto i miei piedi cambiava con una lentezza quasi intollerabile, così come era intollerabile che a casa non avevo nulla da mangiare.

Poi ho pensato che quando sono uscito dall’ingresso dello studio, esattamente in quello stesso istante, si è alzata una folata di vento.

Io mi sono guardato intorno. Ho visto la sera. La giornata che era finita. Mi sono sentito come in quei film americani (guarda caso), in cui gli avvocati escono tardissimo, soli e solitari, con occhi malinconici, mentre si avviano in un locale, uno di quei locali che sempre si vedono nei film (e che esistono davvero) e dove ti siedi al bancone e ordini da bere, facendo due chiacchere con uno o una che come te esce dall’ufficio mentre si alzano folate di vento, accorgendosi che è sera.

Io però sono andato verso a casa. Niente locali, niente alcol (sono astemio), niente donne da sedurre.

La mia mente ovviamente correva come una nuvola. Mi chiedevo se le nuvole fossero libere, o se, al contrario, sospinte dal vento, fossero schiave. Dove sta la libertà, nella scelta o, nella non scelta? Insomma, pensavo.

Pensavo e osservavo. Le vetrine dei negozi. I locali dove, come ogni sera, qualcuno consumava le proprie speranze amorose in un mondo di parvenze, attori inconsapevoli del film della propria vita.

Poi ho visto una coppia che si teneva per mano. Due ragazzini che correvano. E poi pensavo ancora; forse camminando rischiavo che il pullman mi passasse davanti e io i 30 blocchi me li facevo tutti insomma.

Forse volevo piangere, ma poi ho alzato gli occhi, per sbaglio. Incredibilmente sopra di me c’era il cielo e la luna e persino qualche stella.

Allora è svanito tutto. Persino i blocchi. Io stavo fermo e tutto si muoveva.

Ridevo, felice e libero. Come una nuvola.

Sono arrivato a casa alla fine. Avevo sete, sorridevo ancora, ridevo.

Ho preso un bicchiere. Mi è sfuggito dalle mani. Lui, bicchiere, così delicato, ha attraversato lo spazio, obbedendo alla forza di gravità, ma non si è rotto.

Ed io ho sorriso, libero e felice.

-Raffaele Ranieri – tutti i diritti riservati-

martedì 11 settembre 2012

Cosa ti piace?- Capitolo 2 - Chiara

Ed eccoci di nuovo qui, volando. Pare questa volta tutti insieme, e non coi ci piace di Facebook.

Perchè quella parola lì, si insomma, quell'espressione "mi piace", non se la sono mica inventati loro, e nemmeno Amelie e nemmeno io, o il principe prigioniero.

Per noi ci piace significa dipingerci, significa riuscire incredibilmente condensarci in quache centinaio di idee, che ci dipingono, ci ritraggono, ci penetrano dentro e ci raccontano a noi stessi.

Coloro che ci amano ci vedono lì nei nostri "ci piace" e sorridono, dal profondo del loro cuore, e sono pronti a loro volta per estrinsecare i loro, perchè tutti noi sappiamo che in questo mondo che sembra crollare noi tutti saltiamo sul castello volante, e lo facciamo insieme, e insieme voliamo a salvare il mondo.

- The Alchemist thinker-

CHIARA

MI Piace Il vento, I'autorevolezza mista ad eleganza del colore bordeaux, 
bere del te' davanti al mare (ma anche senza mare va bene lo stesso), Il venerdi' pomeriggio quando ancora tutto si deve decidere e quindi e' possibile, alzarmi a che ora capita, essere e dire qualsiasi cosa desideri senza nessuna considerazione di quel che gli altri pensano se non quelli che amo (a loro si fa cambiare idea), svegliarmi in una citta', pranzare in un'altra e andare a letto in una terza, l'estremo oriente ( ma sono in tutto e per tutto europea e ne vado fiera), l'ironia e l'autoironia, leggere, giocare a brickbreaker, nuotare nei golfi aperti, perdermi nei miei pensieri e poi guardare le faccie sospettose di chi mi osserva, fotografare gli alberi, le orchidee e i gigli, disegnare gioielli e scegliere I materiali con cui farli costruire ad altri, Batman e Cassio, la unicita' senza nessun elemento memorabile di Trieste, Il non avere rimpianti, la liberta' di pensiero e di parola, la mia testardaggine e l'orgoglio, I pochi veri amici.

-Chiara Cominardi-

domenica 9 settembre 2012

Cosa ti piace? - volando col principe prigioniero



PREFAZIONE
Molti di voi ben conoscono il Principe prigioniero e la sua storia, che a breve continuerà su un blog a lui dedicato.

Oggi però il principe chiede a noi di viaggiare insieme, per non dimenticarci che su questa terra non siamo soli.

Leggete e siate liberi poi di proseguire quanto scritto dal principe nella sezione commenti aggiungendo un altro ingrediente fondamentale a questa storia di “mi piace”: voi stessi.

Tocca a voi, amici, lettori, voliamo insieme…

-The alchemist thinker-

Al Principe prigioniero piace: le fate, i folletti, annusare il pane, guardare il cielo stellato sdraiato su una nuvola, la tenerezza, il sorriso di un bambino, le bolle di sapone, i fuochi d’artificio, i maghi con la barba lunga e con il bastone per lanciare incantesimi, gli elfi che sono in armonia con la natura, il flamenco, l’aereo quando accelera di colpo prima di decollare, i mercatini dell’antiquariato, il disordine ordinato e creativo dei mercatini dell’antiquariato, il chiosco di cianfrusaglie di Sahadeva vicino al tempio della grande madre a Singapore, i racconti e la saggezza di Sahadeva, il Chiado, il Caffè Brasileira, la statua di Fernando Pessoa seduto su una panchina di fronte al caffè Brasileira, sedersi sulla panchina dove c’è Pessoa e fare delle lunghe chiacchierate filosofiche, facendosi raccontare le cose che non ha mai scritto nemmeno nelle pagine esoteriche, i tram dell’Alfama, la Pasteis de Belem, le tazzine del caffè della Pasteis de Belem, Roskilde, il campus di Georgetown, Annapolis, Gemmar, il cane di Brian, il signore che si fa fotografare col falco vicino al castello a Budapest, le terme dell’Hotel Gellert, fotografare l’interno delle terme quando c’è il cartello “divieto di fotografia”, il langos, la simpatia dei malesi che s’incontrano in treno quando vai a Kuala Lumpur, gli smoothies di Kim, alzarsi la mattina e fare colazione con il latte della mucca appena munto, cavalcare il suo cavallo e sentirsi un’unica cosa, chiamare Gibbi, ascoltare la musica immaginando di poter volare, andare a dormire convinto di poter sognare e poi sognare, fare le scene stupide con Ale e farsi un sacco di risate, Houdini che scompare nei momenti più imprevedibili, le fragole, la Nutella, il kinder cereali, il succo di mele, sedano e cetriolo che mi fa Dada, soprattutto quando pulisce lui la centrifuga, prendere in giro Grimilde coi suoi fidanzati, i Queen, Steve Vai, For love of God di Steve Vai, pensare a quando un giorno pensava che insieme a Rasa sarebbe andato in California, armato di chitarra e sogni e che avrebbe vissuto di musica e surf, pensare di essere come quegli eroi dei libri, quei valorosi cavalieri che salvano il mondo, e allora il libro finisce col cavaliere in cima alla montagna che guarda il tramonto mentre passano i titoli di coda con la musica triste (ma ovviamente questo accade nei films), ascoltare le canzoni tristi quando è tristissimo e piangere con intensità e malinconia, sperare che il mondo in fondo è buono e che un giorno vivremo tutti amandoci, l’onestà, le persone che hanno il coraggio di essere sé stesse di fronte a sé stesse, i cieli di Escaflowne, Van, gli arcangeli, Groucho (l’assistente di Dylan Dog), il mood perennemente malinconico di Nathan Never, i musicisti geniali e incompresi, Salvador Dalì, Vincent Van Gogh, la sella Billy Cook pro reiner di Walter, i cambi di galoppo, un tempio buddista in mezzo ai grattacieli di Shangai di cui non ricordo il nome, l’Alcazar e la sua magnificenza, i matrimoni a Siviglia, Siviglia e basta, fare il giro in pulmino che ti fa vedere Toledo dall’esterno e capire che è veramente una delle sette meraviglie del mondo, comprarsi i calzini a Camden town, trattare il costo delle cene con gli indiani a White Chapel, fare fischiare la spada, sdraiarsi in mezzo alla strada alle 5 del mattino, i sacri di birmania, avere un gatto nero e chiamarlo Cagliostro, le streghe ma quelle buone e anche belle che esistono veramente (tanto lo so), gli incantesimi, essere invisibile, suonare la chitarra classica in mezzo alla strada, farsi fare i massaggi, vagare tra i castelli della Loira, fare la collezione di Exogini, leggere con rinnovato stupore il Piccolo principe, raccogliere la frutta nelle campagne danesi, fare colazione all’aperto su una terrazza sul mare, ascoltare Far from Heaven, imparare a pilotare gli alianti, The Forerunner di Gibran, fare esplodere i pallini di quella carta di plastica che serve ad imballare le cose perché non si rompano, vagare per le vie del mondo sentendo nel profondo del cuore di essere una creatura libera, quei tizi che incontri nei posti più improbabili e che suonano uno strumento con così tanta maestria da scuotere il tuo animo e farlo vibrare per ore, la neve, fare a palle di neve, buttarsi nella neve fresca, l’Estathè al limone (quello alla pesca proprio no), le susine del frutteto della mia bisnonna, la lealtà, il diritto di contraddirsi, e di farlo spesso, la consapevolezza di non essere perfetto, i cucchiaini giapponesi di porcellana da tè che ha Chiara e anche tutte le sue tazze, i cani di Simone di cui tutti hanno paura (o quasi) e che invece adorano il principe, Denny e il suo essere un uomo quantico, scrivere mentre ascolta la musica, la convinzione radicata che panta rei (anche se potrebbe essere rei panta – a questo punto sarebbe lo stesso-), la convinzione che alla fine i buoni vincono sempre (anche se sembra che a volte perdano anche), fare un fuori pista con la musica a palla nelle orecchie, la Fender stratocaster con la mascherina verde, ma ancora di più la 777 di Steve Vai, gli intarsi in madreperla della 777 di Steve Vai, l’omino di legno, fare gli Uchi-mata, andare in bicicletta lungo il naviglio per oltre 50 km senza pensare che poi dovrà tornare indietro, le battute disarmanti di Anna e la sua coinvolgente e travolgente voglia di ridere e vivere, gli scherzi con Dino a Chiara (mi daiiiiii), perdersi nella complessità delle armonie dei Dream, il succo di mirtilli (al 100%), i draghi, il jazz, i cioccolatini con il ripieno, le incredibili fotografie di Riccardo, la Vergine delle  rocce di Leonardo, restare esterrefatto innanzi all’immensità di Guernica, il dialogo sul cucchiaio in Matrix, i materassi memory, i letti a baldacchino, la Mole Antonelliana, l’Oceano, gli squali (sempre incompresi), le tigri bianche del bengala, camminare a piedi nudi sul parquet, stare ore sotto la doccia, il calice che gli ha regalato Vladimir, le incredibili storie dei viaggi di Vladimir, in particolare quella del viaggio verso l’India su un ex carro funebre che poi si è fuso (il motore) a Kabul, le incredibili intuizioni di Carlo, le poesie inimitabili di Francesco, le riunioni inutili e oziose di Subrosa, parlando di Cabala, Hegel e Modigliani, la luce del sole che entra la mattina nella stanza quando il cielo è terso, ascoltare la musica a tutto volume, bigiare (anche se ora non può più bigiare), il gufo Anacleto della spada nella roccia,i Loden, il blu, le persone imprevedibili, gli umili, i semplici,le diffide, la luna quando si posa sulle montagne, i suoi occhiali, Matisse (non il pittore, ma il suo gatto, unico, insuperato e ancora follemente amato), la primavera, i baobab, il flauto giapponese, pensare che un giorno avrà un bellissimo bambino e che lo amerà immensamente…e nel frattempo…..sa che la principessa arriverà…

-CONTINUA…-

rAFFAELE RANIERI –tutti i diritti riservati-

sabato 18 febbraio 2012

La voce dell'oceano - L'asino di peluche-




Io l’ho capito perché amo l’oceano, e ho capito anche perché lui si mi è preso il mio silenzio e mi ha donato la sua saggezza, che non è fatta di pensieri e di parole, ma di suoni e di musica.
E poi Pandora. Anche lei si è presa il mio silenzio, te lo ricordi, vero? E mi ha regalato la musica, mi ha dato l’amore. La musica dei suoi miagolii, il suo amore che non è un pensiero pensato, ma è fatto di suoni e di azioni.

Gli occhi dell’oceano e quelli di Pandora mi ricordano i tuoi, anche se il colore non è proprio lo stesso, perché quel colore lo avevi solo tu. Quel colore che forse ora vedono in paradiso, si perché se il paradiso esiste tu ora sei lì, e un colore così non ce l’avevano prima in paradiso, io ne sono certo.
Era il tuo colore, e poi è diventato anche il mio, il nostro.

Quando ti ho guardato per la prima volta mi sono sentito come si legge sui quei libri di meditazione orientale, quando ti spiegano quegli stati mentali o dell’anima in cui si cade in una sorta di contemplazione mistica, e allora poi tu ti convinci che magari è anche vero, e l’immaginazione e la fantasia fanno il resto. Tutto questo accade dopo anni e anni, se sarai abbastanza ligio e bravo e non so che altro. A me è successo in un attimo. Ti ricordi vero? Io ti ho guardato, e tu eri lì, davanti a me, vera, mi guardavi come se il tempo non esistesse, ed io avrei voluto che quell’attimo non finisse più, perché se un uomo può davvero diventare infinito un giorno, io penso che si debba sentire come mi sentivo io.

Sai che oggi è uscito il mio libro? E’ stato acclamato dalla critica, “per la prosa sofisticata ma al contempo semplice e intellegibile a tutti, e la profondità dei concetti espressi in una storia che toglie il fiato”. Alla fine James mi ha convinto a pubblicarlo, “è il prezzo che devi pagare per vivere nella tua casa sull’oceano, per il tuo cavallo e per la tua solitudine dal mondo”.
Non ha capito che io non solo, perché c’è Pandora, e poi Asufel e il mare. E io li amo tutti, dico sul serio. Non sono solo. Ho imparato ad ascoltare la terra, la madre terra intendo, le sue creature, e sto imparando a essere un uomo della terra, senza illusioni, senza dei, ma con un cuore di carne che batte, e che un giorno dovrò restituire.
Eppure mi sento come in quella canzone degli Aerosmith che più o meno dice “there’s an hole, in my soul that kills me forever..”.
James pensa che sbaglio, che devo guardare il futuro, che è arrivato il momento che io mi diverta un po’, che ci sono tante sue amiche molto disponibili a condividere il letto di un giovane e piacente scrittore.
Perché no? In fin dei conti siamo fatti di carne e ossa, e abbiamo pulsioni sessuali, e le vogliamo soddisfare, perché l’uomo è fatto per provare piacere, per stare bene, perché la vita sarà pure sofferenza come diceva Buddha e qualcun altro, ma io preferisco allora Epicuro, o Nietzsche, quando sostenevano che l’uomo è fatto per essere felice e per godere dei frutti della terra, non per torturarsi con pratiche masochistiche o negare la sua natura più profonda perché qualcuno con la barba lunga e un turbante gli ha detto che così acquisirà chissà cosa e chissà quando. Il paradiso se esiste è qui e sulla terra, in questo momento, così come l’inferno, è tutto qui, noi siamo qui, e se ci perdiamo, va a finire come diceva quel famoso cantante che la vita è qualcosa che passa mentre noi siamo impegnati a fare altri piani.
Eppure io sto andando avanti, e guardo il futuro. Anzi, guardo l’oceano, perché anche il futuro è un’invenzione, una finzione, invece il mare è lì davanti a me, tutti i giorni. E col mare ci parliamo, lui m’insegna moltissime cose, cose pensavo non esistessero, perché mi ero convinto che ne esistessero altre, e non vedevo quelle vere.
Sai, nel mare ci sono i pesci. E sono bellissimi. Anche loro si sono presi il mio silenzio, e mi regalano la loro musica, e i loro colori, la loro saggezza.
Che m’importa delle avvenenti amiche di James? Io vado avanti, e sto bene, anche se ho una ferita nell’anima, e come per tutte le ferite ci vuole tempo, no?

Ho voglia di fare l’amore. Con impeto, in modo licenzioso, senza freni, dolcemente, con passione.
Dentro di me ardo di desiderio. Qualche volta mi è capitato, qualche mese fa, di cedere alle attenzioni di qualche fanciulla. E’ stato così vuoto, eppure lo sapevo dentro di me, che sarebbe stato vuoto, ma l’ho fatto lo stesso.
Ora non voglio più. Perché io voglio volare, e noi abbiamo volato, così in alto da non vedere più la terra, e nemmeno le nuvole, per perderci nello spazio, oltre le stelle.
Parole? Si, un pallido riflesso di ciò che è stato veramente, di una vita, la mia vita, che tu hai reso vera, autentica.
Voglio continuare a essere quello che sono, e continuare a essere un uomo nella terra e della terra, senza rinnegare la mia natura, i miei istinti, e la ricerca della felicità.
Ho imparato con te che nell’unicità dell’amore, di quello vero, di quello che si sente sulla pelle, che fa bene e che a volte ti uccide, si può andare oltre il tempo e lo spazio, ma che questo richiede una grande consapevolezza, il desiderio di volerlo davvero, di voler mettere la testa dentro l’anima dell’altro, di guardare e di vedere dove nessuno era mai stato prima. Il prezzo è altissimo, ma la ricompensa oltre ogni aspettativa.
Io ci credo, perché a noi è successo, è stato vero, reale, come il pianto di un bambino che strilla perché vuole il latte o un pugno o una risata fragorosa o la rabbia o il dolore che proviamo, perché questo siamo noi, creature della terra, esseri emozionali.
E adesso io la felicità di classe B non la voglio più, e se per caso ora qualcuno mi venisse a dire che quello che noi abbiamo vissuto, che mi ha portato a dedicarmi anima e corpo a te, è stato possibile solo con te e mai sarà più possibile, bè, io mi fermo qui allora, scendo dal treno.
Ti ricordi l’asino di peluche che ti ho regalato e che adoravi tanto? Spesso lo porto con me, quando viaggio.
E qualche volta, come ora, anche lui come me ascolta la voce dell’oceano.

-Raffaele Ranieri- tutti i diritti riservati

domenica 12 febbraio 2012

La voce dell'Oceano




Ho imparato ad ascoltare il silenzio, sino a odiarlo. Ho letto tanti stupidi e inutili libri, per capire con grande e ingiustificabile ritardo che tutta la saggezza del mondo sta in realtà dentro un granello di sabbia.

Ho avuto così tanta paura di me stesso che sono scappato.
Ho provato a nascondermi in tutti gli angoli della terra, a rendermi irriconoscibile parlando e imparando le lingue più strane, mangiando cibi profondamente diversi da ciò cui sono sempre stato abituato. Ho pensato diversamente, ho voluto cose diverse, ho avuto desideri diversi, passioni antitetiche.

Non ho mai capito che non potevo scappare da me stesso. Ovunque andassi, qualunque cosa facessi, io ero sempre lì.
Eppure mi sono quasi ingannato, mi ero quasi convinto di avercela fatta, di non essere me.

Si, mi ero bevuto tutte quelle sciocchezze inventate per scappare, per uscire da noi, perché la verità è che siamo terrorizzati della vita, abbiamo paura della morte, ma la verità è che non sappiamo nulla, non sappiamo perché viviamo, però abbiamo paura di morire, forte, vero?

E intanto pensiamo, meditiamo, leggiamo quintali di inutili parole e ci convinciamo che siano saggezza immutabile, e ci convinciamo anche allora che noi siamo diventati più profondi degli altri, che ne sappiamo più degli altri, e che allora possiamo essere presuntuosi e arroganti, e dire cosa si deve fare e cosa non si deve fare, oppure fingiamo di aver rispetto per tutti, anche per chi non la pensa come noi, ma, sotto sotto, dentro di noi, guardiamo quegli sfigati dall’alto in basso.
Ma la verità invece è che non abbiamo capito proprio nulla.
E ancora pensiamo, meditiamo, studiamo, facciamo tutti i piccoli maestri, e mentre siamo così assorti a pensare arriva un giorno in cui tutta la vita è passata. Quella vera intendo, fatta di cose vere, fatta dell’unica cosa che ci rende davvero vivi: le emozioni. Così concentrati a voler capire invece di capire e basta.



Oggi è domenica mattina, e ancora una volta guardo l’oceano dalla finestra della mia camera. Quell’oceano che si è preso il mio silenzio, che mi ha costretto ad ascoltare la sua voce.
E poi anche Pandora si è presa il mio silenzio. Perché lei parla sempre. Ogni mattina, alle sei salta sul mio letto e mi lecca i capelli, mi pulisce il pelo insomma. Si prende cura di me, è carina, vero? E poi miagola, perché noi dobbiamo parlare, perché noi dobbiamo comunicare, perché la vita non è silenzio, perché la vita è musica, la musica dei suoi miagolii, la voce delle onde, del vento che mi soffia tra i capelli quando al galoppo percorro i chilometri di spiaggia con Asufel.

Ho una cucina bellissima. Tutta bianca, con l’isola, come piacerebbe a te. E noi ci avremmo cucinato un sacco di belle cose, e poi avremmo fatto le torte per i nostri compleanni, e saremmo invecchiati insieme, e Pandora avrebbe leccato anche i tuoi capelli, e avrebbe amato anche te, come io ti ho amato.
Chi ha deciso che dovevi lasciare questo mondo? Perché mi hai lasciato qua? Perché io lo sapevo perché volevo vivere, e anche per cosa sarei morto, ma tu ora non ci sei più, e io ora davvero non lo so.

Dio è una parola, è solo un’invenzione, sono invenzioni i maestri da seguire, la filosofia, l’etica.

Non ci servono, sono storie che possiamo non imparare, non mi serve nessun Dio di fronte a un cucciolo indifeso, o innanzi agli occhi di un bambino che mi tende la mano e mi sorride. E dove sta questo Dio quando la gente muore massacrata, i bambini uccisi e l’uomo continua a compiere le peggiori nefandezze?
La vita è guidata completamente dal caso, dal caos, ma la nostra incontrollata paura vuole convincerci che invece un ordine ci deve essere, perché altrimenti non è possibile, perché se no insomma fa troppo schifo, non può mica essere tutto qui.

La verità è che la vita è completamente e totalmente priva di senso, e se gliene vogliamo dare davvero uno dobbiamo riempirla di profumi e di sapori, dobbiamo riempirla di quell’unica cosa che eleva l’uomo e chi si chiama amore e che ti fa sentire infinito ed eterno, oppure semplicemente un essere umano, ma una donna o un uomo che sa perché sta vivendo.

E’ arrivato il momento di pranzare, ho fame. E anche Pandora ce l’ha.

Stenderemo una coperta appena fuori di casa, sulla sabbia, e mentre parleremo, ascolteremo insieme la voce dell’oceano.


Raffaele Ranieri - tutti i diritti riservati-