PREFAZIONE
Molti di
voi ben conoscono il Principe prigioniero e la sua storia, che a breve
continuerà su un blog a lui dedicato.
Oggi però
il principe chiede a noi di viaggiare insieme, per non dimenticarci che su
questa terra non siamo soli.
Leggete e
siate liberi poi di proseguire quanto scritto dal principe nella sezione
commenti aggiungendo un altro ingrediente fondamentale a questa storia di “mi
piace”: voi stessi.
Tocca a
voi, amici, lettori, voliamo insieme…
-The alchemist thinker-
Al
Principe prigioniero piace: le fate, i folletti, annusare il pane, guardare il
cielo stellato sdraiato su una nuvola, la tenerezza, il sorriso di un bambino,
le bolle di sapone, i fuochi d’artificio, i maghi con la barba lunga e con il
bastone per lanciare incantesimi, gli elfi che sono in armonia con la natura,
il flamenco, l’aereo quando accelera di colpo prima di decollare, i mercatini
dell’antiquariato, il disordine ordinato e creativo dei mercatini
dell’antiquariato, il chiosco di cianfrusaglie di Sahadeva vicino al tempio
della grande madre a Singapore, i racconti e la saggezza di Sahadeva, il
Chiado, il Caffè Brasileira, la statua di Fernando Pessoa seduto su una
panchina di fronte al caffè Brasileira, sedersi sulla panchina dove c’è Pessoa
e fare delle lunghe chiacchierate filosofiche, facendosi raccontare le cose che
non ha mai scritto nemmeno nelle pagine esoteriche, i tram dell’Alfama, la
Pasteis de Belem, le tazzine del caffè della Pasteis de Belem, Roskilde, il
campus di Georgetown, Annapolis, Gemmar, il cane di Brian, il signore che si fa
fotografare col falco vicino al castello a Budapest, le terme dell’Hotel
Gellert, fotografare l’interno delle terme quando c’è il cartello “divieto di
fotografia”, il langos, la simpatia dei malesi che s’incontrano in treno quando
vai a Kuala Lumpur, gli smoothies
di Kim, alzarsi la mattina e fare colazione con il latte della mucca appena
munto, cavalcare il suo cavallo e sentirsi un’unica cosa, chiamare Gibbi,
ascoltare la musica immaginando di poter volare, andare a dormire convinto di
poter sognare e poi sognare, fare le scene stupide con Ale e farsi un sacco di
risate, Houdini che scompare nei momenti più imprevedibili, le fragole, la
Nutella, il kinder cereali, il succo di mele, sedano e cetriolo che mi fa Dada,
soprattutto quando pulisce lui la centrifuga, prendere in giro Grimilde coi
suoi fidanzati, i Queen, Steve Vai, For love of God di Steve Vai, pensare a
quando un giorno pensava che insieme a Rasa sarebbe andato in California,
armato di chitarra e sogni e che avrebbe vissuto di musica e surf, pensare di
essere come quegli eroi dei libri, quei valorosi cavalieri che salvano il
mondo, e allora il libro finisce col cavaliere in cima alla montagna che guarda
il tramonto mentre passano i titoli di coda con la musica triste (ma ovviamente
questo accade nei films), ascoltare le canzoni tristi quando è tristissimo e
piangere con intensità e malinconia, sperare che il mondo in fondo è buono e
che un giorno vivremo tutti amandoci, l’onestà, le persone che hanno il
coraggio di essere sé stesse di fronte a sé stesse, i cieli di Escaflowne, Van,
gli arcangeli, Groucho (l’assistente di Dylan Dog), il mood perennemente
malinconico di Nathan Never, i musicisti geniali e incompresi, Salvador Dalì,
Vincent Van Gogh, la sella Billy Cook pro reiner di Walter, i cambi di galoppo,
un tempio buddista in mezzo ai grattacieli di Shangai di cui non ricordo il
nome, l’Alcazar e la sua magnificenza, i matrimoni a Siviglia, Siviglia e
basta, fare il giro in pulmino che ti fa vedere Toledo dall’esterno e capire
che è veramente una delle sette meraviglie del mondo, comprarsi i calzini a
Camden town, trattare il costo delle cene con gli indiani a White Chapel, fare
fischiare la spada, sdraiarsi in mezzo alla strada alle 5 del mattino, i sacri
di birmania, avere un gatto nero e chiamarlo Cagliostro, le streghe ma quelle
buone e anche belle che esistono veramente (tanto lo so), gli incantesimi,
essere invisibile, suonare la chitarra classica in mezzo alla strada, farsi
fare i massaggi, vagare tra i castelli della Loira, fare la collezione di
Exogini, leggere con rinnovato stupore il Piccolo principe, raccogliere la
frutta nelle campagne danesi, fare colazione all’aperto su una terrazza sul
mare, ascoltare Far from Heaven, imparare a pilotare gli alianti, The Forerunner di Gibran,
fare esplodere i pallini di quella carta di plastica che serve ad imballare le
cose perché non si rompano, vagare per le vie del mondo sentendo nel profondo
del cuore di essere una creatura libera, quei tizi che incontri nei posti più
improbabili e che suonano uno strumento con così tanta maestria da scuotere il
tuo animo e farlo vibrare per ore, la neve, fare a palle di neve, buttarsi
nella neve fresca, l’Estathè al limone (quello alla pesca proprio no), le
susine del frutteto della mia bisnonna, la lealtà, il diritto di contraddirsi,
e di farlo spesso, la consapevolezza di non essere perfetto, i cucchiaini
giapponesi di porcellana da tè che ha Chiara e anche tutte le sue tazze, i cani
di Simone di cui tutti hanno paura (o quasi) e che invece adorano il principe,
Denny e il suo essere un uomo quantico, scrivere mentre ascolta la musica, la
convinzione radicata che panta rei (anche se potrebbe essere rei panta – a
questo punto sarebbe lo stesso-), la convinzione che alla fine i buoni vincono
sempre (anche se sembra che a volte perdano anche), fare un fuori pista con la
musica a palla nelle orecchie, la Fender stratocaster con la mascherina verde,
ma ancora di più la 777 di Steve Vai, gli intarsi in madreperla della 777 di
Steve Vai, l’omino di legno, fare gli Uchi-mata, andare in bicicletta lungo il
naviglio per oltre 50 km senza pensare che poi dovrà tornare indietro, le
battute disarmanti di Anna e la sua coinvolgente e travolgente voglia di ridere
e vivere, gli scherzi con Dino a Chiara (mi daiiiiii), perdersi nella
complessità delle armonie dei Dream, il succo di mirtilli (al 100%), i draghi,
il jazz, i cioccolatini con il ripieno, le incredibili fotografie di Riccardo,
la Vergine delle rocce di
Leonardo, restare esterrefatto innanzi all’immensità di Guernica, il dialogo
sul cucchiaio in Matrix, i materassi memory, i letti a baldacchino, la Mole
Antonelliana, l’Oceano, gli squali (sempre incompresi), le tigri bianche del
bengala, camminare a piedi nudi sul parquet, stare ore sotto la doccia, il
calice che gli ha regalato Vladimir, le incredibili storie dei viaggi di
Vladimir, in particolare quella del viaggio verso l’India su un ex carro
funebre che poi si è fuso (il motore) a Kabul, le incredibili intuizioni di
Carlo, le poesie inimitabili di Francesco, le riunioni inutili e oziose di
Subrosa, parlando di Cabala, Hegel e Modigliani, la luce del sole che entra la
mattina nella stanza quando il cielo è terso, ascoltare la musica a tutto
volume, bigiare (anche se ora non può più bigiare), il gufo Anacleto della
spada nella roccia,i Loden, il blu, le persone imprevedibili, gli umili, i
semplici,le diffide, la luna quando si posa sulle montagne, i suoi occhiali,
Matisse (non il pittore, ma il suo gatto, unico, insuperato e ancora follemente
amato), la primavera, i baobab, il flauto giapponese, pensare che un giorno
avrà un bellissimo bambino e che lo amerà immensamente…e nel frattempo…..sa che
la principessa arriverà…
-CONTINUA…-
rAFFAELE RANIERI –tutti
i diritti riservati-