sabato 18 febbraio 2012

La voce dell'oceano - L'asino di peluche-




Io l’ho capito perché amo l’oceano, e ho capito anche perché lui si mi è preso il mio silenzio e mi ha donato la sua saggezza, che non è fatta di pensieri e di parole, ma di suoni e di musica.
E poi Pandora. Anche lei si è presa il mio silenzio, te lo ricordi, vero? E mi ha regalato la musica, mi ha dato l’amore. La musica dei suoi miagolii, il suo amore che non è un pensiero pensato, ma è fatto di suoni e di azioni.

Gli occhi dell’oceano e quelli di Pandora mi ricordano i tuoi, anche se il colore non è proprio lo stesso, perché quel colore lo avevi solo tu. Quel colore che forse ora vedono in paradiso, si perché se il paradiso esiste tu ora sei lì, e un colore così non ce l’avevano prima in paradiso, io ne sono certo.
Era il tuo colore, e poi è diventato anche il mio, il nostro.

Quando ti ho guardato per la prima volta mi sono sentito come si legge sui quei libri di meditazione orientale, quando ti spiegano quegli stati mentali o dell’anima in cui si cade in una sorta di contemplazione mistica, e allora poi tu ti convinci che magari è anche vero, e l’immaginazione e la fantasia fanno il resto. Tutto questo accade dopo anni e anni, se sarai abbastanza ligio e bravo e non so che altro. A me è successo in un attimo. Ti ricordi vero? Io ti ho guardato, e tu eri lì, davanti a me, vera, mi guardavi come se il tempo non esistesse, ed io avrei voluto che quell’attimo non finisse più, perché se un uomo può davvero diventare infinito un giorno, io penso che si debba sentire come mi sentivo io.

Sai che oggi è uscito il mio libro? E’ stato acclamato dalla critica, “per la prosa sofisticata ma al contempo semplice e intellegibile a tutti, e la profondità dei concetti espressi in una storia che toglie il fiato”. Alla fine James mi ha convinto a pubblicarlo, “è il prezzo che devi pagare per vivere nella tua casa sull’oceano, per il tuo cavallo e per la tua solitudine dal mondo”.
Non ha capito che io non solo, perché c’è Pandora, e poi Asufel e il mare. E io li amo tutti, dico sul serio. Non sono solo. Ho imparato ad ascoltare la terra, la madre terra intendo, le sue creature, e sto imparando a essere un uomo della terra, senza illusioni, senza dei, ma con un cuore di carne che batte, e che un giorno dovrò restituire.
Eppure mi sento come in quella canzone degli Aerosmith che più o meno dice “there’s an hole, in my soul that kills me forever..”.
James pensa che sbaglio, che devo guardare il futuro, che è arrivato il momento che io mi diverta un po’, che ci sono tante sue amiche molto disponibili a condividere il letto di un giovane e piacente scrittore.
Perché no? In fin dei conti siamo fatti di carne e ossa, e abbiamo pulsioni sessuali, e le vogliamo soddisfare, perché l’uomo è fatto per provare piacere, per stare bene, perché la vita sarà pure sofferenza come diceva Buddha e qualcun altro, ma io preferisco allora Epicuro, o Nietzsche, quando sostenevano che l’uomo è fatto per essere felice e per godere dei frutti della terra, non per torturarsi con pratiche masochistiche o negare la sua natura più profonda perché qualcuno con la barba lunga e un turbante gli ha detto che così acquisirà chissà cosa e chissà quando. Il paradiso se esiste è qui e sulla terra, in questo momento, così come l’inferno, è tutto qui, noi siamo qui, e se ci perdiamo, va a finire come diceva quel famoso cantante che la vita è qualcosa che passa mentre noi siamo impegnati a fare altri piani.
Eppure io sto andando avanti, e guardo il futuro. Anzi, guardo l’oceano, perché anche il futuro è un’invenzione, una finzione, invece il mare è lì davanti a me, tutti i giorni. E col mare ci parliamo, lui m’insegna moltissime cose, cose pensavo non esistessero, perché mi ero convinto che ne esistessero altre, e non vedevo quelle vere.
Sai, nel mare ci sono i pesci. E sono bellissimi. Anche loro si sono presi il mio silenzio, e mi regalano la loro musica, e i loro colori, la loro saggezza.
Che m’importa delle avvenenti amiche di James? Io vado avanti, e sto bene, anche se ho una ferita nell’anima, e come per tutte le ferite ci vuole tempo, no?

Ho voglia di fare l’amore. Con impeto, in modo licenzioso, senza freni, dolcemente, con passione.
Dentro di me ardo di desiderio. Qualche volta mi è capitato, qualche mese fa, di cedere alle attenzioni di qualche fanciulla. E’ stato così vuoto, eppure lo sapevo dentro di me, che sarebbe stato vuoto, ma l’ho fatto lo stesso.
Ora non voglio più. Perché io voglio volare, e noi abbiamo volato, così in alto da non vedere più la terra, e nemmeno le nuvole, per perderci nello spazio, oltre le stelle.
Parole? Si, un pallido riflesso di ciò che è stato veramente, di una vita, la mia vita, che tu hai reso vera, autentica.
Voglio continuare a essere quello che sono, e continuare a essere un uomo nella terra e della terra, senza rinnegare la mia natura, i miei istinti, e la ricerca della felicità.
Ho imparato con te che nell’unicità dell’amore, di quello vero, di quello che si sente sulla pelle, che fa bene e che a volte ti uccide, si può andare oltre il tempo e lo spazio, ma che questo richiede una grande consapevolezza, il desiderio di volerlo davvero, di voler mettere la testa dentro l’anima dell’altro, di guardare e di vedere dove nessuno era mai stato prima. Il prezzo è altissimo, ma la ricompensa oltre ogni aspettativa.
Io ci credo, perché a noi è successo, è stato vero, reale, come il pianto di un bambino che strilla perché vuole il latte o un pugno o una risata fragorosa o la rabbia o il dolore che proviamo, perché questo siamo noi, creature della terra, esseri emozionali.
E adesso io la felicità di classe B non la voglio più, e se per caso ora qualcuno mi venisse a dire che quello che noi abbiamo vissuto, che mi ha portato a dedicarmi anima e corpo a te, è stato possibile solo con te e mai sarà più possibile, bè, io mi fermo qui allora, scendo dal treno.
Ti ricordi l’asino di peluche che ti ho regalato e che adoravi tanto? Spesso lo porto con me, quando viaggio.
E qualche volta, come ora, anche lui come me ascolta la voce dell’oceano.

-Raffaele Ranieri- tutti i diritti riservati

domenica 12 febbraio 2012

La voce dell'Oceano




Ho imparato ad ascoltare il silenzio, sino a odiarlo. Ho letto tanti stupidi e inutili libri, per capire con grande e ingiustificabile ritardo che tutta la saggezza del mondo sta in realtà dentro un granello di sabbia.

Ho avuto così tanta paura di me stesso che sono scappato.
Ho provato a nascondermi in tutti gli angoli della terra, a rendermi irriconoscibile parlando e imparando le lingue più strane, mangiando cibi profondamente diversi da ciò cui sono sempre stato abituato. Ho pensato diversamente, ho voluto cose diverse, ho avuto desideri diversi, passioni antitetiche.

Non ho mai capito che non potevo scappare da me stesso. Ovunque andassi, qualunque cosa facessi, io ero sempre lì.
Eppure mi sono quasi ingannato, mi ero quasi convinto di avercela fatta, di non essere me.

Si, mi ero bevuto tutte quelle sciocchezze inventate per scappare, per uscire da noi, perché la verità è che siamo terrorizzati della vita, abbiamo paura della morte, ma la verità è che non sappiamo nulla, non sappiamo perché viviamo, però abbiamo paura di morire, forte, vero?

E intanto pensiamo, meditiamo, leggiamo quintali di inutili parole e ci convinciamo che siano saggezza immutabile, e ci convinciamo anche allora che noi siamo diventati più profondi degli altri, che ne sappiamo più degli altri, e che allora possiamo essere presuntuosi e arroganti, e dire cosa si deve fare e cosa non si deve fare, oppure fingiamo di aver rispetto per tutti, anche per chi non la pensa come noi, ma, sotto sotto, dentro di noi, guardiamo quegli sfigati dall’alto in basso.
Ma la verità invece è che non abbiamo capito proprio nulla.
E ancora pensiamo, meditiamo, studiamo, facciamo tutti i piccoli maestri, e mentre siamo così assorti a pensare arriva un giorno in cui tutta la vita è passata. Quella vera intendo, fatta di cose vere, fatta dell’unica cosa che ci rende davvero vivi: le emozioni. Così concentrati a voler capire invece di capire e basta.



Oggi è domenica mattina, e ancora una volta guardo l’oceano dalla finestra della mia camera. Quell’oceano che si è preso il mio silenzio, che mi ha costretto ad ascoltare la sua voce.
E poi anche Pandora si è presa il mio silenzio. Perché lei parla sempre. Ogni mattina, alle sei salta sul mio letto e mi lecca i capelli, mi pulisce il pelo insomma. Si prende cura di me, è carina, vero? E poi miagola, perché noi dobbiamo parlare, perché noi dobbiamo comunicare, perché la vita non è silenzio, perché la vita è musica, la musica dei suoi miagolii, la voce delle onde, del vento che mi soffia tra i capelli quando al galoppo percorro i chilometri di spiaggia con Asufel.

Ho una cucina bellissima. Tutta bianca, con l’isola, come piacerebbe a te. E noi ci avremmo cucinato un sacco di belle cose, e poi avremmo fatto le torte per i nostri compleanni, e saremmo invecchiati insieme, e Pandora avrebbe leccato anche i tuoi capelli, e avrebbe amato anche te, come io ti ho amato.
Chi ha deciso che dovevi lasciare questo mondo? Perché mi hai lasciato qua? Perché io lo sapevo perché volevo vivere, e anche per cosa sarei morto, ma tu ora non ci sei più, e io ora davvero non lo so.

Dio è una parola, è solo un’invenzione, sono invenzioni i maestri da seguire, la filosofia, l’etica.

Non ci servono, sono storie che possiamo non imparare, non mi serve nessun Dio di fronte a un cucciolo indifeso, o innanzi agli occhi di un bambino che mi tende la mano e mi sorride. E dove sta questo Dio quando la gente muore massacrata, i bambini uccisi e l’uomo continua a compiere le peggiori nefandezze?
La vita è guidata completamente dal caso, dal caos, ma la nostra incontrollata paura vuole convincerci che invece un ordine ci deve essere, perché altrimenti non è possibile, perché se no insomma fa troppo schifo, non può mica essere tutto qui.

La verità è che la vita è completamente e totalmente priva di senso, e se gliene vogliamo dare davvero uno dobbiamo riempirla di profumi e di sapori, dobbiamo riempirla di quell’unica cosa che eleva l’uomo e chi si chiama amore e che ti fa sentire infinito ed eterno, oppure semplicemente un essere umano, ma una donna o un uomo che sa perché sta vivendo.

E’ arrivato il momento di pranzare, ho fame. E anche Pandora ce l’ha.

Stenderemo una coperta appena fuori di casa, sulla sabbia, e mentre parleremo, ascolteremo insieme la voce dell’oceano.


Raffaele Ranieri - tutti i diritti riservati-